100Premettendo che non sono una critica letteraria, ma mi piace parecchio leggere, anche quei libri che sono definiti “mattonazzi” (ad esclusione di “Delitto e castigo” che è fermo da mesi…..proprio non ce la faccio a continuare) mi piace anche esprimere i miei pensieri e le mie opinioni, relativamente a quello che questi libri mi trasmettono, non alla tecnica della scrittura e bla bla bla.

Detto questo, parliamo di “Cent’anni di solitudine” di Gabriel Garcia Marquez. Non mi ha spaventato la mole…..nonostante si tratti di più di 400 pagine e sia famoso per non essere proprio un libro “leggero”. Sono andata a cercarmelo. Avevo provato a leggerlo quando ero adolescente, ma era troppo per quell’età…….già mi imponevano determinate cose a scuola ci mancava solo l’affrontare di mia spontanea volontà un libro che mi avrebbe probabilmente fatto venire la depressione (e non sono famosa per essere una piena di vita!:D). Così ho rimandato il tutto al momento in cui sarei stata pronta. Ok, ora lo sono. Quindi l’ho comprato e via. Iniziato la lettura accanita sul treno la mattina venendo a lavorare.

Fondamentalmente è una storia di pazzi…..se vogliamo riassumerlo in (quante sono?)….. 6 parole! Ma essendo anche io relativamente poco equilibrata mi ha decisamente infognato, come si dice tra noi giovani, e non vedevo l’ora di leggerlo ogni mattina nel trambusto dei pendolari assonnati ma caciaroni.

La storia di una famiglia, i Buendia, e delle loro vicissitudini, dei loro rapporti, delle loro esperienze, visioni e follie. Dalla crezione della città di Macondo da parte del capofamiglia – Josè Arcadio Buendia – all’evoluzione dei suoi discendenti, figli, nipoti, pronipoti, che vivono la vita del paese tra scoperte di improbabili e fantomatici “zingari” di passaggio, nuove tecnologie, guerre, fantasmi e non per ultimo l’amore, sempre tormentato, disperato. Gelosie, passioni e una stirpe quasi infinita, grazie, soprattutto, alla passione sessuale del Colonnello Aureliano Buendia , padre di una moltitudine di figli avuti da una moltitudine di donne di poca importanza conosciute in una moltitudine di guerre senza successo. Lui è il personaggio che più mi ha colpito, con il suo mix di ribellione, voglia di conquista e pesciolini d’oro (vi tocca leggerlo….non ve lo spiegherò! :P)

Il filo che lega tutti questi personaggi (non a caso il titolo) è la solitudine. Ognuno, nella sua follia, nelle sue fissazioni, nei suoi sotterfugi, si ritrova comunque solo, per volontà o per destino. Fanno quasi pena, alcuni cercano l’evasione, altri la fama, la notorietà, altri ancora la rivalità, ma alla fine ritornano sempre tutti “all’ovile” per finire la loro esistenza senza aver costruito solidi rapporti, neanche con i propri fratelli, lasciando un alone di tristezza difficilmente cancellabile. Nessun pentimento, o pochi, nessun rimorso. L’individualità di questo personaggi, a volte trascinata fino all’estermo egoismo, lascia intendere al meglio il titolo di questo romanzo.